La vita è meravigliosa se si ha l’affetto di una famiglia numerosa e tanti anni davanti a sé, ma a volte può rivelarsi terribilmente crudele. Morire a 23 anni, per un fatale incidente d’auto, è troppo difficile da accettare per una sorella che vive dall’altra parte del mondo e che subisce un inaspettato schiaffo in faccia dal destino. È il 5 novembre del 2016 quando Doris Bottignole riceve la telefonata di suo padre in cui le comunica che suo fratello Francesco è in fin di vita. Lei è in Canada e sebbene speri che la situazione non sia così grave, non si dà pace. Nel suo animo si susseguono mille emozioni: l’agonia dell’attesa, la speranza di un miracolo, e poi un dolore sordo, atroce, inspiegabile, quando invece sa che Francesco non ce l’ha fatta, insieme ai rimpianti per le cose non dette, per gli abbracci non dati che si perderanno nel vento, per un futuro strappato via troppo presto. Le giornate riprendono con il loro tran tran quotidiano, convivere con la sofferenza è tremendo, ma si può ancora trovare un modo di comunicare con Francesco, scrivendogli lettere, messaggi, pensieri, così da sentirlo ancora vicino, e ricordarlo sempre sorridente e felice.
Doris Bottignole è nata a Feltre il 24 Luglio 1979, vissuta ad Arten di Fonzaso, il paese natale, fino al 2001, dove all’età di 14 anni è diventata sorella maggiore di Francesco, come lo definisce lei, il primo bellissimo dono di Dio. Con Francesco ha sempre avuto un legame molto forte, non era solo un fratello, ma molto di più. Ama molto leggere, camminare in mezzo alla natura, guardare il cielo, i disegni che creano le nuvole, fotografare alba e tramonto poiché quell’intensità di colore la rilassa. Da adolescente ha cominciato ad appassionarsi alla lettura, quando legge si estranea dalla propria vita, sarà per questo che quando ha affrontato un terribile lutto, la perdita del suo amato fratellino, ha deciso di buttare fuori il suo dolore proprio scrivendo. Questo libro è stato il suo psicologo, mettendo nero su bianco quello che non poteva dire ai suoi genitori, già distrutti dal dolore, ai propri figli, perché erano piccoli e non voleva privarli della spensieratezza, al marito perché non avrebbe capito: una sorta di auto-terapia che le ha permesso di andare avanti e di dedicarsi alle cose belle della vita.
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