Se mai esista un romanzo filosofico, è questo il caso. Dopo L’eresia degli asconditi (salutato con vivo apprezzamento da un critico di stampo classico come Bàrberi Squarotti: “ho letto con particolare soddisfazione il suo romanzo (…) decisamente alternativo rispetto alle scialbe e banali mode e forme degli ultimi vent’anni”), in questo secondo romanzo, ambientato nell’ultimo scorcio del secolo XV tra le alte montagne di un immaginoso settentrione italico, l’Autore svolge la narrazione attraverso un gioco di rimandi tra i tormentati eventi in cui il dotto medievale protagonista del romanzo è trascinato – in seguito ad un malaugurato, o piuttosto… benefico, cedimento alla tentazione della carne – e il travaglio intellettuale e spirituale che con quegli eventi si intreccia. Il male, il dolore, la Verità…: in un tardo medioevo popolato di santi e di demòni, di umili e prepotenti, nel mezzo delle feroci lotte locali tra la parte papale e quella imperiale e della grande rivolta contadina guidata dal folle esorcista rivoluzionario, lo scavo interiore del tribolato viaggiatore si snoda sul filo di un sottile gioco intellettuale che miscela rigore e inganno logico o deduzione fantasiosa, scoprendo, al punto più alto, la superiore dignità del dubbio.
…“Alla fanciulla rispettosamente pose la domanda e ottenne cortese risposta (…). Fu nel salutarlo che Pietro colse in lei un intenzionale sia pur lievissimo attardarsi dello sguardo, che ebbe su lui l’effetto di un avvolgente intensissimo trascinamento. Tanto bastò a stregarlo. Fu così che Pietro di Terralta, detto monaco, provò come mai prima le accese tenebre della seduzione”…
Giovanni Campana – Dopo il liceo classico, frequentato a Modena, dove è nato e vive, si è laureato in filosofia all’Alma Mater di Bologna. È stato insegnante di lettere, poi, a lungo, preside nella scuola media. Con Europa Edizioni ha pubblicato L’eresia degli Asconditi (seconda edizione, Europa Edizioni 2018).