“Talvolta percorro il corridoio che dal mio ufficio porta a una uscita laterale e mi affaccio dal vetro della portafinestra. Mi piace guardare il mondo fuori, ma da dentro.
Al di là del vetro c’è un muretto scalcinato, una rete metallica, una strada piuttosto larga, una stazione di servizio. Lontano si vede il cimitero del paese. Di fronte, dall’altra parte della strada, c’è un albero. Me ne sto lì ad osservare, di nascosto. La vista non è propriamente bella, ma neanche brutta. È vera.
La strada è trafficata, vi passano autoveicoli di tutti i tipi e poi moto e camion. Come in tutte le strade, suppongo. Ogni tanto uno di questi mezzi entra nell’area di servizio per rifornirsi. Il carburante è ovviamente necessario per la locomozione ma il suo odore è forte, penetrante, sgradevole; trasportato dal vento arriva fin dentro, nel mio ufficio. Anche all’aperto, l’aria sembra viziata. Spero che il benzinaio non mi veda mentre me ne sto qui a guardare. Magari spengo la luce. L’unico elemento naturale, in questo assiduo viavai di macchine, è quell’albero che, da solo, s’accolla il compito di purificare l’ossigeno di tutta la zona. La sua è un’impresa ingrata.
Talvolta percorro il corridoio che dal mio ufficio porta all’uscita laterale, mi affaccio dal vetro della portafinestra, guardo quell’albero e penso: mi somiglia.”
Mirella Gusai, psicologa sarda, ha sempre aiutato le persone a trovare dentro di loro nuove forze per affrontare le difficoltà della vita. Un giorno le è capitata l’esperienza più brutta che una madre possa provare, e quelle forze le ha dovute cercare dentro di sé.