Florence K. ci fa capire quanto possiamo essere superficiali nei rapporti umani con persone che lottano per la propria dignità e per il diritto all’autonomia. Un passato difficile e il coraggio di cambiare completamente il proprio ambiente familiare, abitudini e lingua madre, mettersi a studiare o a lavorare, cercare una casa è difficile e comporta dei rischi gravi e inattesi. Tutti viviamo in “giungle” e la sopravvivenza non sempre dipende da noi stessi. Riconoscere i “predatori” cioè quelli che Dante riteneva tra i peggiori peccatori ovvero chi approfittava della sincera amicizia per i propri fini è ancora più difficile per chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra per emigrare. A tutto questo si aggiunge il processo mentale responsabile dei tanti pregiudizi cioè una sorta di “economia cognitiva”: è più facile stereotipare una persona che ascoltarla per capirla. Chi ritiene di sapere chi siamo, cosa desideriamo, perché soffriamo solo guardando come siamo fatti o vestiti fa tra le peggiori “economie cognitive” ed è “ricco” di pericolosi “stereotipi”. Limitare una possibilità di dialogo all’epidermica curiosità sull’accento o sulla geografia di provenienza è cosa diffusa e crea conseguenze. Nessuno, secondo me, ha un merito per essere nato da una parte o l’altra: è solo un dono o una sofferenza che delimita le possibilità. Solo il contatto reale e il confrontarsi con dialoghi e occasioni di incontro ripetute possono farci conoscere e riconoscere come esseri umani e anche questo libro è utile! Marco Ferraro, scrittore.
Florence K., menzione di merito al Pegasus Literary Awards 2018, è autore dei libri Elena, il Vedente non vedente, Umani o disumani, Figlia mia! e Occhio della giungla.
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